Gabriella Sacchi ci racconta la sua esperienza nella lavorazione della ceramica

Architetto Sacchi, quando ha iniziato la sua attività?

Ho frequentato il Liceo Artistico di Brera e la Facoltà di Architettura presso il Politecnico di Milano. Per quanto riguarda la formazione dal punto di vista ceramico, ho seguito corsi con diversi maestri, sia in Italia sia all'estero. Ho fondato il Laboratorio Nibe nel 1981, insieme a una collega ceramista con la quale ho lavorato sino al 2004, anno in cui ha deciso di ritirarsi.

Come gestisce il difficile rapporto tra la tecnica della mano e la creatività della mente?

Per chi svolge una attività come la mia non esiste separazione tra il lavoro e la vita al di fuori di esso. La mente, consciamente o inconsciamente, è sempre concentrata e vigile: un'idea creativa può arrivare in mille modi, leggendo la posta sul computer, andando in auto, camminando per strada. Per questo sono abituata ad avere sempre carta e penna con me, per annotare le idee e le riflessioni che potrebbero tradursi in future realizzazioni. Nel mio percorso professionale, abilità e conoscenze tecniche hanno sempre camminato di pari passo con i temi che pensavo di sviluppare. C'è sempre stata una grande comunicazione tra le due cose. Direi che la maturazione di una personalità, a livello artistico, avviene proprio quando non si rilevano contraddizioni tra la poetica e la sua espressione visiva.
Per questo non capisco le scuole a indirizzo artistico che scelgono di trascurare la realizzazione di "cose" per dare spazio soltanto alla teoria. Chi lavora in campo artistico sa che le idee trasmigrano dalla teoria alla pratica e viceversa.

Un'idea creativa può arrivare in mille modi, leggendo la posta sul computer, andando in auto, camminando per strada. Per questo sono abituata ad avere sempre carta e penna con me, per annotare le idee e le riflessioni che potrebbero tradursi in future realizzazioni

Una parte della mia attività è dedicata all'insegnamento: il territorio, per me, è costituito anche dalle molte persone che in questi anni si sono avvicinate al laboratorio e al mio lavoro.

Qual è il suo rapporto con le nuove tecnologie?

Il ruolo del computer è indispensabile sia per l'informazione, sia nella gestione del lavoro. Per quanto riguarda gli strumenti più legati allo specifico del lavoro ceramico, per esempio ai forni per la cottura, oggi sono concepiti in modo piuttosto differente rispetto al passato. Il mio è un tipo di lavoro che si avvicina maggiormente al settore artistico/artigianale, rispetto a quello industriale/artigianale. Non mi servo quindi degli strumenti e dei macchinari tipici della lavorazione della ceramica a livello seriale. In ogni caso, ritengo che qualsiasi innovazione tecnologica, che semplifichi o migliori il lavoro, possa rivelare degli aspetti interessanti e sia dunque da considerare.

Quali sono le prospettive per i Maestri d'Arte nella società globalizzata?

Penso che il ruolo del Maestro d'Arte sia assimilabile al ruolo dell'arte nel suo complesso. Nella società globalizzata l'arte non scompare, anche se cambiano le modalità nelle quali si esprime .

Come si evolve la clientela che ordina o acquista le sue opere?

La clientela che segue il lavoro di un artista è, in un certo senso, la risposta agli obiettivi e alle finalità che l'artista stesso si è posto. All'inizio dell'attività io e la mia collega eravamo maggiormente orientate verso la produzione di oggetti d'uso di piccola serie. Oggi il mio lavoro è soprattutto dedicato alla creazione di pezzi unici a valenza principalmente estetica. Ciò determina, in linea di tendenza anche se non in modo totale, un avvertibile cambio del tipo di clientela.

Come percepisce il ruolo delle istituzioni nella gestione, promozione e protezione dei mestieri d'arte?

Il ruolo delle istituzioni, in questo campo, è estremamente carente. All'estero mi è capitato di imbattermi in situazioni nelle quali era rilevante e fondamentale l'apporto dato dalle istituzioni ai mestieri d'arte. In particolare, penso ad aiuti elargiti attraverso la promozione di scuole, corsi, concorsi, o alla creazione di luoghi (offerti a condizioni particolari) dove svolgere un lavoro artistico. Penso alle sovvenzioni per la partecipazione a fiere e manifestazioni, create per rendere visibili queste attività anche a un pubblico più vasto.
In Italia i mestieri d'arte stanno scomparendo e mi sembra di poter affermare che le istituzioni non abbiano compreso l'importanza che questi mestieri potrebbero avere per un Paese come il nostro, in possesso di un vastissimo patrimonio e ricco di tradizioni artistiche.
Alcuni esempi: mancano scuole di restauro pubbliche e qualificate, scompaiono scuole come gli Istituti con specializzazione nei mestieri d'arte. Siamo vergognosamente carenti nell'insegnamento della musica. Le ore di storia dell'arte vengono ridotte invece che potenziate.
Non è difficile cogliere un collegamento tra tutti questi elementi: sono la dimostrazione di come l'Italia non abbia messo, tra le priorità per il suo futuro sviluppo, gli interventi per la valorizzazione, la conservazione, l'ampliamento del suo patrimonio artistico.

Quale passione la muove, la ispira o la motiva?

Formazione scolastica e formazione permanente, voglia di fare e voglia di sapere, conoscenze storiche e capacità di lettura della realtà, approfondimenti teorici e tecnologici accompagnati da lunghe pratiche con i materiali sono elementi necessari allo svolgimento di un lavoro come il mio. Tutto questo deve per forza essere sorretto da una grande passione. Attività e passione si alimentano vicendevolmente negli anni.

Qual è il suo punto di vista sul "lusso"? Lo potremmo legare all'unicità dei prodotti dei Maestri d'Arte?

Il lavoro dei Maestri d'Arte , in un mondo dove la maggior parte delle merci è omologata e globalizzata, è un lavoro con carattere di unicità e va valutato come un lavoro artistico, un lavoro, cioè, che somma in sé valori progettuali, culturali, di trasformazione della materia da parte di un progettista/artefice.
I prodotti di questo lavoro, distinguendosi da quelli in serie, entrano nella sfera del "lusso": per la loro realizzazione sono infatti necessarie numerose ore di lavoro e un'alta qualificazione .

Qual è il suo legame con il territorio, con il contesto nel quale lavora?

Chi fa un lavoro artistico non può non avere legami con il territorio. Il territorio dove vivo, l'Italia, è stato l'ambito nel quale è avvenuta la mia formazione e che ha "nutrito" le mie conoscenze storiche, estetiche, tecnologiche. Oggi tutti si spostano e viaggiano molto di più che in passato, in senso reale e virtuale: la cultura del territorio di origine si mescola e si trasforma per l'apporto di culture "altre". Questa condizione rende sempre più difficile distinguere le culture di origine da quelle acquisite.
Una parte della mia attività è dedicata all'insegnamento: il territorio, per me, è costituito anche dalle molte persone che in questi anni si sono avvicinate al laboratorio e al mio lavoro.

Come vivono i giovani la sua professione? Ha degli assistenti?

Mi capita di trovare giovani, e anche meno giovani, entusiasti per il lavoro che faccio. A volte ho l'impressione che, alla base dell'entusiasmo, ci sia un po' di ingenuità e la scarsa conoscenza delle difficoltà e della tenacia necessarie per fare un lavoro che assorbe completamente. Non ho assistenti fissi, ma mi capita di condurre progetti con l'apporto di altre persone.