C’è un momento o una persona che ha influenzato la vostra scelta?
Il forte desiderio di realizzare in prima persona oggetti low-tech con fruizione immediata ci ha dato la giusta motivazione per buttarci in quest’impresa. Per noi è fondamentale che tutti i passaggi per la produzione dei gioielli non passino attraverso processi industriali o mediazioni professionali. Anche la parte progettuale avviene direttamente con l’oggetto, senza il disegno preliminare, ciò ci consente di avere una verifica immediata del suo “funzionamento”.
Qual è la poetica che si cela dietro la creazione dei suoi gioielli?
Più che poetica la nostra è una dichiarazione di intenti: produrre oggetti da indossare, che abbiano una forma compiuta in sé, ma che possano trovare nuovi sensi proprio perché in relazione con il corpo. I nostri gioielli sono ingranaggi mobili, micro architetture realizzate con l’anima in bronzo, micro profili per modellismo e minuteria industriale, che accolgono e si compongono con elementi fortemente radicati nel territorio e nella tradizione dell’artigianato locale italiano. Il vetro filato di Murano, le tessere e le perle in smalto vitreo delle storiche fornaci veneziane, il caolino siciliano: il tutto è assemblato in un’ibridazione tra lavorazione a mano e in serie, handmade in produzione industriale, seguendo un’estetica modernista, ma di sapore locale.
Cosa significa essere artigiana?
Difficile dare una descrizione completa dell’artigiana contemporanea. Ad esempio il gioiello: esso riassume in sé molteplici aspetti, sfugge a un’unica definizione: non è “necessario” o “funzionale”, ma è espressione artigianale tra le più antiche, non è riconosciuto come oggetto strettamente artistico, ma piuttosto ammirato per la perizia tecnica o per la sua preziosità, e tutto questo appartiene all’abilità manuale e all’ingegno proprio dell’artigiano.
Da cosa trae ispirazione?
La poetica del proun di El Lissitsky è stato il primo passo per la realizzazione della serie Muv e Proun, Tube, Quadro, Gap, Hole e Obli, assemblaggi cinetici e non di forme geometriche primarie. Le serie Snake, Curve, Nodo e Nido rimandano a linee e forme aperte e dinamiche, in fieri, traiettorie proprie del balletto. La serie Saw fa invece riferimento a un’altra sfera, di un rapporto con la materia quasi in opposizione, una relazione fisica attraverso la consunzione per fregamento: anziché aggiungere, abbiamo realizzato sottraendo.
Come avete sviluppato quest’idea? C’è qualcosa o qualcuno che vi ha ispirate?
Le avanguardie storiche come costruttivismo russo, il balletto triadico di Oscar Schlemmer, la scuola orafa di Padova di Mario Pinton, con i maestri Giampaolo Babetto, Francesco Pavan, Graziano Visentin, ma anche Ovaldo Licini, Fausto Melotti e l’artista siciliano Gino Cosentino sono i modelli dai quali traiamo spunto per le nostre creazioni.
Cosa rende un gioiello autentico?
L’interazione con il corpo: il corpo mette in moto e aziona il manufatto che diventa quindi gioiello, traducendo la forma in movimento e suono, in oggetto vissuto e che gode di vita propria, prescindendo dalla materia con cui è realizzato. La materia preziosa, poi, lo rende eterno.