La storia di Ornella Bijoux è fatta di talento, coraggio, spirito imprenditoriale e amore per la bellezza: un successo tutto al femminile che da più di 70 anni domina le scene della bigiotteria artigianale. Maria Vittoria Albani Scala ci racconta come lei e sua mamma Piera Barni, hanno saputo dare vita a un atelier di fama mondiale, creando gioielli per grandi brand come Céline, Swarovski, Borbonese e Dolce&Gabbana.

Dal 1944 Ornella Bijoux è una delle firme più importanti nel mondo della bigiotteria artigianale. Ci racconti come è iniziata la vostra storia.

La nostra storia nasce nel 1944 quando mia madre, Piera Barni, fondò a Milano Ornella Bijoux.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, a causa delle restrizioni nell’uso di oro e alcol per motivi bellici, la produzione di molte aziende legate ai profumi e all’oreficeria entra in crisi.

Per superare questo difficile momento, l’azienda di cosmetici Gi.Vi.Emme dei Visconti di Modrone di Milano e la gioielleria Calderoni decidono di unire le forze creando una linea di bigiotteria, prodotta dalla ditta di preziosi e commercializzata da quella di cosmetici.

Quando, nel 1944, finalmente cessano le restrizioni sull’utilizzo dei materiali, le due aziende decidono di tornare alle rispettive originarie produzioni.

È in questo momento che l’allora direttore artistico della Gi.Vi.Emme, Dino Villani, propone alla sua segretaria, Piera Barni, mia madre, allora vedova con due figli, di rilevare il campionario di bigiotteria offrendole l’occasione di mettersi in proprio e dare così una nuova svolta imprenditoriale alla sua vita. Ho cominciato subito a lavorare con lei, così come ora mia figlia Simona Scala lavora con me.

Il nostro è un lavoro che richiede enorme pazienza e anche una buona manualità

Che formazione ha avuto? E quanto ha influito nella scelta di questo mestiere?

Non ho avuto nessuna formazione specifica, se non il fatto di aver frequentato lo studio dello scultore Antonio Arosio, amico di famiglia, e di aver cominciato lì ad apprezzare il bello e l’arte.

La scelta di questo mestiere è stata una necessità: a 15 anni ho lasciato la scuola per aiutare mia madre nella sua nuova avventura nel mondo della bigiotteria.

Le sue creazioni sono protagoniste del panorama italiano della moda e della bigiotteria della seconda metà del Novecento. Per ogni periodo (anni 70, 80, 90) riesce a individuare un motivo stilistico che ha caratterizzato le sue collezioni?

Negli anni 70 abbiamo lavorato molto con la ceramica, un materiale povero, ma che trattato con un procedimento di galvanica, è diventato un componente importante delle collezioni di quegli anni.

Ad eccezione di quel momento storico, le nostre creazioni non si sono mai ispirate in modo particolare a qualcosa di diverso che non fosse amore per la Natura, in tutte le sue declinazioni, fiori, animali e frutti, amore che ancora oggi distingue i nostri prodotti.

Il suo archivio è famoso tra gli esperti. Quanti pezzi conta attualmente?

È un archivio che ha ormai più di settant’anni. Tra disegni, schizzi e campioni veri e propri la cifra dovrebbe superare abbondantemente i 25000 pezzi.

Ha disegnato collezioni per Swarovski, Dolce&Gabbana, Borbonese, Céline. Ci racconti un aneddoto che ricorda con più piacere.

Aver disegnato collezioni per i grandi stilisti è stato sicuramente gratificante, ma la maggiore soddisfazione l’abbiamo avuta quando un nostro cliente giapponese, intorno agli anni 80, ci ha fatto avere una foto della principessa del Giappone che indossava una nostra collana molto delicata, creata con piccoli fiorellini smaltati.

Qual è la sua clientela?

Nel passato la maggior parte dei nostri clienti erano i grandi department stores negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Giappone.

Ora il mercato si è evoluto e la nostra clientela è abbastanza trasversale: si va dalle gioiellerie, ai negozi fashion che trattano i nostri anelli realizzati da spille vintage, oppure i negozi di ricerca che vogliono sempre un prodotto di nicchia.

Pensa che i giovani possano essere interessati a intraprendere questa attività?

Abbiamo sempre ragazzi e scuole che ci chiedono di poter effettuare stage di formazione nel nostro laboratorio, che è ancora totalmente artigianale. È un lavoro che richiede enorme pazienza e anche una buona manualità: se non si sente una passione dentro è difficile poter intraprendere questo lavoro.